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La mia casella in questi giorni è intasata di posta: il server mi chiede di “liberare spazio” perché sto “esaurendo lo spazio di archiviazione”, dice. Ma come mai? È presto detto: sono una giornalista freelance, la mia posta è intasata anche dalle missive del Salone del Mobile eppure entro nel loro sito e scopro che la mia categoria è misconosciuta. Il mio indirizzo mail è -leggo- “non accettato” così come -leggo sempre più basita“yahoo, hotmail o altri provider. L’indirizzo mail deve indicare chiaramente l’ufficio editoriale della rivista o l’editore. Non saranno accettate lettere pdf o stampate.” Comunque tornando alla mia casella di posta gmail loro non accettata ma usata per inviarmi comunicati stampa, è intasata perché altre aziende come la loro pensano di rivolgersi ad una professionista -che per altro lavora da vent’anni e passa- di cui però loro stessi NON RICONOSCONO la professione. È un bel paradosso, e una grande ingiustizia. Ma comunque un grande demerito. Alla conferenza stampa si è parlato di Milano che è grande in una Italia -ahinoi- molto piccola. Ecco fa molto, moltissimo dispiacere constatare che proprio in una fiera di portata internazionale in questo specifico punto dei freelance, laddove le fiere europee incentivano il lavoro dei freelance (si dà il caso che la crisi dell’editoria non permetta certo nuove assunzioni), Milano decada a provincia piccola piccola e con lei il prestigioso Salone del Mobile.

Anche Laura Traldi scrive su questo:

http://www.designatlarge.it/salone-del-mobile-2019-stampa/

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“Il design è uno stato a sé e Milano la sua capitale”
Nelle intenzioni di chi ha creato questo slogan sicuramente c’è un significato che include bellezza, preziosità, appartenenza e realizzazione.
Costringe, tuttavia, a più di una riflessione.

La prima e più facile è: in che stato è il design?

E poi questo essere “uno stato a sé” siamo proprio certi che sia così auspicabile? O non sia più saggio lavorare affinché il design “socializzi” maggiormente, si apra finalmente al mondo e alle istanze sociali come i giovani e anche molti designer per fortuna già fanno?

Le conferenze stampa de iSaloni, nel corso degli anni, hanno sempre mantenuto lo stesso registro. Meglio dire: lo hanno mantenuto i contenuti espressi.

In un mondo che cambia vorticosamente la percezione è sempre quella di un evento che parla di numeri, fatto prevalentemente di uomini -a parte la splendida Marva Griffin col “suo” Salone Satellite che onora e apre ai giovani progettisti da ben vent’anni e la curatrice della mostra A joy sense at work Cristiana Cutrone che ha parlato di sostenibilità ambientale e sostenibilità umana- privo di agganci con i grandi cambiamenti sociali.

Proprio lo stesso giorno della conferenza che si è svolta al Metropol, l’Assessorato alle Pari Opportunità del Comune di Milano ha organizzato un convegno (che proseguirà il 24 febbraio alla Casa dei Diritti) dove si è parlato di esperienze di cohousing, di housing sociale, di come si sia trasformata la famiglia e siano aumentate le persone anziane e quindi si esigano nuovi progetti e nuovi modi di vivere lo spazio abitativo, dell’immigrazione e della integrazione… insomma delle “nuove frontiere dell’abitare”.

È -diciamo- “curioso” come il Salone del Mobile ignori tutto questo, almeno nei contenuti che sembra promuovere all’interno dell’evento che muove -ecco i numeri- 330.000 visitatori da 165 paesi con più di 2.000 espositori oltre ai 650 giovani designer del Satellite.

Speriamo che la mostra Millennials offra la possibilità di capire se queste “nuove frontiere dell’abitare” siano già metabolizzate da questa generazione e come potranno realizzarsi, speriamo che il video di grande effetto del maestro Matteo Garrone non offra solo suggestioni oniriche ma anche stimoli per capire in quale realtà si muove il design.

Noi non ci auguriamo che il design sia “uno stato a sé” ma ci auguriamo piuttosto che sia immerso nella realtà di ogni stato (Stato e stato), vivo, attento e pronto a fare da sensore di ciò che avviene e a restituirci cose, prodotti che ci aiutino nel nostro vivere quotidiano in continua, fertile e aperta trasformazione e che di tutto questo si parli senza temere di annoiare la platea, sempre ricordando che -come ci ha insegnato Josif Brodskij- “L’estetica è la madre dell’etica”

Lilli Bacci

* il titolo deriva da uno scambio con Virginio Briatore

 

 

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