#iorestoacasa ci viene ripetuto, consigliato, ora imposto anche da un decreto legge e siamo, chi ha la fortuna di averle, tra le nostre quattro mura a cercare di impiegare il nostro tempo riscoprendo affetti, valori e atti domestici. Improvvisamente, io che ho “vissuto” di questo tema della casa, mi ci sono riempita occhi di immagini, bocca di parole, cuore di sentimenti e testa di bei concetti, mi trovo svuotata e intravedo una retorica che mi tiene a distanza. Eppure potrei affondare qui tutto il mio “sapere” oppure tutto il mio desiderio di impastare di emozioni questo argomento dell’ abitare sul quale lavoro, elaboro e rifletto da sempre.
#iorestoacasa: c’è chi studia, chi tele-lavora, chi mette in ordine dove non lo faceva mai, chi pulisce la casa come non aveva mai fatto, chi impara a cucinare, a fare torte, chi gioca, chi scrive, chi disegna, chi legge, chi guarda film, chi fa yoga, chi medita, chi salta la corda, chi guarda foto, chi suona, chi sta sempre connesso, chi non si connette più, chi non fa che dormire, chi forse non sopporta già più nessuno…
La casa cosa è e cosa diventa? Un contenitore imposto col quale trovare dei compromessi per non angosciarsi, per stare meglio dentro di noi? Un luogo dove si cerca conforto dalla disperazione dell’impotenza che genera questo momento pazzesco o dove ci sentiamo solo imprigionati? Sicuramente uno spazio in cui adattarsi e trovare buone pratiche interne che ci servono, ma comunque qualcosa che allontana la mia visione della casa come spazio vitale in cui la persona trova identità, “esiste abitando”, si “rannicchia per vivere poeticamente nel mondo” per dirla con due dei grandi che hanno teorizzato su di essa (Heidegger, Bachelard)…
In questo tempo mi sento più attratta dalle iniziative bellissime che si mettono a disposizione della comunità: quella che si dice “solidarietà digitale” da una parte per chi ha la possibilità di connettersi, o le reti dei quartieri e dei comuni per le persone fragili e anziane (vedi il Comune di Milano, spero tanto che questo avvenga anche in molte altre città). In queste ore brutte guardo con più speranza alla comunità piuttosto che alla casa – lo devo dire – io che ho sempre visto la casa come la grande terapia.